Forse qualcuno se lo sarà domandato, giustamente, che cosa ci facessimo io e Daniele (e ogni tanto con qualche RT Dino) sempre con il cellulare in mano pensando, sempre giustamente, che potevamo anche starcene a casa se volevamo fare gli asociali! Non stavamo flirtando con nessuno e nessuna, ma stavamo scrivendo in fretta e furia una storia.. quella che ci stavate raccontando voi!
Stasera l'incontro dei Giovani Cassero era intitolato Do You Pride?
dalla frase che ormai è diventata la battuta di entrata del Gruppo
PeopAll, il gruppo dei volontari e delle volontarie del Bologna Pride
2012! All'incontro erano presenti con noi Ambra Guarnieri e Flavia Madaschi che hanno riso e fatto da giuria, che hanno risposto alle domande e ne hanno fatte. Si parlava di pride,
del Bologna Pride, del valore dell'evento, di cosa sia: stavamo
cercando di sciogliere una matassa intorno a dei temi importanti visto
l'avvicinarsi del 9 giugno! Siamo partiti come al solito con la nostra
presentazione e con le domande: siete mai stati ad un pride? Se sì
quale? Parteciperete al Bologna Pride del 9 giugno?
Mi chiamo Paola, ho 24 anni e non sono mai stata ad un pride. Sì, sarò al Bologna Pride di quest'anno il 9 giugno.
Dalle risposte, la mia compresa, poco più della metà dei prensenti non aveva mai partecipato ad un pride e certo parteciperà in un modo o nell'altro a quello di Bologna. Ma nonostante questo le domande sono state molte e vaste: segno del fatto che forse non se ne è parlato abbastanza .. non tanto del Bologna Pride quanto del pride in generale.
Mi chiamo Paola, ho 24 anni e non sono mai stata ad un pride. Sì, sarò al Bologna Pride di quest'anno il 9 giugno.
Dalle risposte, la mia compresa, poco più della metà dei prensenti non aveva mai partecipato ad un pride e certo parteciperà in un modo o nell'altro a quello di Bologna. Ma nonostante questo le domande sono state molte e vaste: segno del fatto che forse non se ne è parlato abbastanza .. non tanto del Bologna Pride quanto del pride in generale.
Siamo partiti allora percorrendo il classico filo rosso della storia, a ritroso: Irene ha proposto delle domande durante il primo gioco (il Cassero si è trasformato così nel palco di Giochi Senza Frontiere) che ci riportavano un po' alla storia del pride in Italia. Facciamo un piccolo passo indietro e arriviamo addirittura al 1972, anno in cui ci fu a Sanremo, la prima manifestazione pubblica di omosessuali in Italia in protesta contro il "Congresso internazionale sulle devianze sessuali" organizzato dal Centro italiano di Sessuologia; alla manifestazione parteciparono una quarantina di persone. Successivamente, nel 1978 furono organizzati a Torino i primi eventi specificamente correlati alle celebrazioni internazionali del gay pride: il sesto congresso del Fuori! ed una settimana del film omosessuale, tra il 19 ed il 25 giugno dello stesso anno. Nel 1979 a Pisa venne organizzato il primo corteo in Italia contro le violenze subite da persone omosessuali a seguito di episodi di violenza contro omosessuali frequenti che si svolsero il 24 novembre e a cui parteciparono circa 500 gay e lesbiche alla manifestazione: manifestazione che rimase la più partecipata fino al 1994 anno del primo vero ed ufficiale Pride Nazionale che si svolse il 28 giugno a Roma. La marcia vide la partecipazione di oltre diecimila persone, un enorme successo che che confermò la giustezza dell'approccio unitario. Successivamente l'esperienza fu ripetuta a Bologna, nel 1995 e a Napoli l'anno dopo, nel 1996. Ma dopo questi primi tre pride ben riusciti, nel 1997 iniziarono i problemi che portarono, alla fine, a due Pride Nazionali nello stesso anno: Roma e Venezia. La divisione fu per un motivo tutto interno al movimento che vedeva, da una parte una fazione anti-Arcigay, dall'altra invece l'Arcigay stessa. Una rottura interna che ricadde all'esterno, nel contesto: i due pride, infatti, complessivamente non raggiunsero il successo dei primi tre pride nazionali. Una situazione questa che si ripeté nell'anno del Giubileo con due differenti Pride Nazionali: uno a Como e uno a Roma. Così andò avanti fino al World Pride del 2000, anno in cui il movimento, che si stava sgretolando dall'interno, iniziò a riprendere forma e a diventare di nuovo unito tanto da raggiungere un'affluenza stimata intorno al mezzo milione di persone! Situazione che si ripeté anche al Pride Nazionale del 17 giugno 2007 e ... e adesso eccoci qua a Bologna.
Ma prima di arrivare a noi, di colpo un altro salto indietro, importante: Stonewall!
Conosciuti come i moti o la rivolta di Stonewall, Stonewall Inn era un locale gay in Christopher Street nel Greenwich Village a New York che fu scenario di una serie di violenti scontri tra la polizia cittadina e gli omosessuali e i transessuali, scrontri che sfociarono in una rivolta la notte del 28 giugno del 1969 quando, durante un'ennesima irruzione la donna transessuale Sylvia Rivera con una bottigliata in testa ad un poliziotto, ha dato il via a quella che sarebbe stata una rivolta importante per il movimento, ed un orgoglio, ed un alzare la testa, della fine degli anni 60. Il 28 giugno è stato scelto dal movimento LGBT come data della "giornata mondiale dell'orgoglio LGBT" o "Gay pride" o come giustamente osservato: "Pride".
Così dalla storia torniamo ai giochi creativi con colori e fogli. Il gioco successivo sarebbe stato quello di immaginare il carro del Cassero e la colonna sonora proprio per il 9 giugno. Le idee sono state molto colorate, molto divertenti, di sicuro creative. I carri erano creativi, erano colorati, così come le colonne sonore di cui ho preferito la scelta del primo gruppo: True Color di Cindy Lauper.
Dopo i giochi, lo svago, siamo entrati nel vivo della questione: “parliamo di pride”.
Il tema evidentemente più scottante, o che comunque ha suscitato abbastanza seguito, riguarda il Bologna Pride del 2008 e in particolare l'attenzione si è soffermata sulla presenza del carro del Decadence. Da lì le domande si sono susseguite senza sosta sempre toccando il tema dell'importanza, o meno, del pride: la parata conclusiva, ha un significato?
Siamo partiti dalle basi, ed è giusto così: nessuno ci ha mai insegnato cos'è un pride. Come giustamente ha iniziato a rispondere Flavia, il pride è l'evento conclusivo di un programma più ampio e più vasto, che è partito il 14 aprile, e che racchiude una serie di interventi, incontri, convegni, festival, che parlano del movimento LGTB. La parata è sì una festa: conclusiva di un lavoro precedente di mesi! Purtroppo questo, il vasto programma di appuntamenti ufficiali, non è conosciuto, non è alla portata anche fisica di tutti, è vero (chi viene da fuori è limitato, chi lavora può essere limitato) ma purtroppo non se ne parla. Quindi, come diceva giustamente sempre Flavia: sì, la parata finale è una festa. Ma non è solo la parata finale ad essere un qualcosa di importante, che deve portare un significato: chi fa attivismo, come diceva Ambra, il pride lo vive 365 giorni l'anno: non è solo con la parata che si possono risolvere problemi, affrontare tematiche, cercare diritti.
Il pride, quindi, è un evento che fa da evento: ha come scopo quello di far parlare di sé.
Riguardo i carri qualcuno parlava di limiti e di come la parata non dovesse trasformarsi in qualcosa di esagerato. La risposta ha girato un attimo intorno andando, prima di tutto, a riflettere sul concetto di limiti: Ambra ricorda la campagna pubblicitaria ad ora in corso del pride di Bologna. Nella campagna è stato puntato il dito sul fatto che: tutto è partito con l'orgoglio (che poi è il termine con cui generalmente si traduce pride) e tra i temi portati avanti non c'è solo il movimento omosessuale, ma alcuni dei casi dove l'orgoglio l'ha fatta da padrone ed ha "dato la forza per alzare la testa e oltrepassare dei limiti". Ambra ricorda Rosa Parks che ha oltrepassato il limite rifiutandosi di cedere il posto ad un bianco dando così il via al boicottaggio degli autobus di Montgomery: andò in prigione.
Il limite lo hanno superato coloro che si sono decise di scendere in piazza nel 1977 per far valere i proprio diritti di donne. Il limite lo hanno superato coloro che nel 1982 hanno messo il loro piede nel Cassero per la prima volta a nel 1982, in una sede pubblica. E così via, tanti altri i casi. Questi sono alcuni di quelli che venivano considerati limiti e che sono stati superati, allora i limiti che abbiamo ora quali sono? E sono giusti? Sono giustificabili? Il concetto era che porre dei limiti ha sempre dato sicurezza all'uomo, gli permetteva di controllare quanto c'era intorno, al tempo stesso però ci sono confini che devono essere oltrepassati perché, credo, chi definisce i confini è sempre un insieme di persone che compongono una società e che valutano tali confini come strumento di sicurezza e che spesso fa chiudere loro gli occhi di fronte a quello che poi .. esiste!
Come poi aggiungeva Flavia, porre dei limi è difficile e complicato,
anche parlando di carri. Ognuno è libero di manifestare come desidera:
vestito in un certo modo piuttosto che in un altro, con dei pantaloni o
con dei tacchi. Possiamo tranquillamente dire che non ci piace, ma è
soggettivo e non si può vietare (fermo restando, finché non andrà a
ledere gli altri).
Qualcuno ha risposto: il coinvolgimento della città, la libertà di mostrarsi, il non nascondersi dietro un dito, la possibilità io, in quanto persona, in quanto Tizio, di manifestare quello che sono in un giorno in cui sono insieme ad altri singole persone che manifestato e si mostrano per quello che sono tutte insieme, tutte sulla stessa strada, tutti per motivi personali e politici differenti (che per le famiglie, chi per il lavoro, chi per sé) ma che sono motivi che ci accomunano. Ale ha detto una cosa molto bella e cioè che bisogna essere orgogliosi di essere diversi, differenti. Che questa è la nostra forza e anche la bellezza di quello che siamo. La diversità deve essere, ed è, un valore. Ed è questo quello che scende nelle strade: i colori sono diversi ma messi insieme fanno un arcobaleno ed è bello, ed è anche la bandiera del movimento.
Una cosa poi da puntualizzare naturalmente e che giustamente qualcuno ha tirato fuori come argomento: c'è ancora la brutta abitudine a chiamarlo Gay Pride, il che includerebbe già a priori una chiusura (un limite?) verso tutto il resto che c'è e che è presente.
Già da qualche anno ormai si chiama soltanto Pride, ed è importante far capire agli altri che quello che avviene non è il Gay Pride, ma solamente il Pride.
E che riguarda tutti.
E che non è solo dei gay.
E che con gay si tende ad escludere tutti i restanti spicchi di una girandola.
Così come per le tematiche e i temi che riguardano il movimento LGTB, semplicemente quello che siamo, molti di quelli che ci sono intorno hanno posto come confine il limite del proprio orto e per insicurezza e paura non tendono a guardare fuori. Allora in questo caso è proprio necessario educare e parlare: parlare di Pride e non di Gay Pride, parlare di Limiti, di Valori, di Orgoglio. Parlarne tra di noi per capire.
Quello che i media passano è purtroppo, e soltanto, una fetta di tutto quello che c'è intorno: lo sappiamo!
Prenderanno forse alcune foto del Pride ma non tutte, parleranno di Gay Pride e non di Bologna Pride, ma va bene. L'importante è che noi per primi sappiamo di cosa stiamo parlando e saremo alla parata il 9 giugno essendo noi stessi. Non è necessario abbracciare ogni idea di un movimento: non tutti quelli che ci saranno vedranno allo stesso modo tutte le cose: ognuno manifesta per quello in cui crede, qualcuno semplicemente è presente per sé o per supporto ad altri.
L'importante è esserci e sapere dove siamo.
Paola Rosi
Nessun commento:
Posta un commento