venerdì 16 marzo 2012


Dallo stereotipo al pregiudizio alla discriminazione: come ridurre il processo?


Il 21 marzo ricorrerà la giornata mondiale contro le discriminazioni razziali. E' una giornata importante, come tutte le giornate mondiali, perché si riconosce che è ancora presente, sotto varie forme, una mancanza di rispetto, conoscenza, accettazione, verso persone considerate dalla maggioranza diverse per colore, credo o orientamento e via dicendo.

Ma cos'è la discriminazione? La discriminazione è il trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o di un gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria. Alcuni esempi di discriminazione possono essere l'omofobia, il razzismo e il sessismo. Ma da dove nasce? Qual'è il processo che porta a questo? La discriminazione è il fine di un processo di intenzioni e pensieri che parte direttamente dallo stereotipo e che passa poi per il pregiudizio quando il primo risulta essere negativo e troppo forte.

Ma partiamo dalle basi.

Lo stereotipo è la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto e schematico che può avere un significato neutrale, positivo o negativo. Lo stereotipo aiuta a decodificare le informazioni in base alle aspettative, focalizzando quindi le attenzioni su alcuni dettagli esterni per interpretare un comportamento.

Tutti conosciamo quindi lo stereotipo. E' la modalità con cui la nostra mente tende a semplificare un ragionamento, facciamo qualche esempio: tutti gli italiani sono mafiosi mangiatori di pizza e caffé, gli inglesi ubriaconi patiti di calcio, i cinesi tutti uguali e immortali nonché gialli, le bionde stupide, i parrucchieri gay, le lesbiche camioniste con i capelli corti, gli americani tutti obesi e, naturalmente, nessuna donna sa guidare un'auto.

Come si nota, queste sono tutte generalizzazioni con cui ci ritroviamo spesso e volentieri a confrontarci, che utilizziamo nel nostro linguaggio comune, che sfruttiamo spesso quando tendiamo a generalizzare ma che potrebbero sfociare nel negativo e guadagnare, paradossalmente, un fondo di verità. Uno stereotipo negativo porta sicuramente ad un atteggiamento di pregiudizio nei confronti di quelli che lo stereotipo considera diversi, strani, sbagliati.

Il pregiudizio è un "giudizio prematuro" che basa il suo essere in un'informazione incompleta ed insufficiente. A sua volta, un pregiudizio può sfociare in un sentimento negativo nei confronti di un gruppo sociale di persone considerate, appunto per la mancanza di informazioni, in modo sbagliato. Non si va, quindi, ad affrontare in maniera più completa un'informazione. Si rimane catapultati nel superficiale e non si tende ad approfondire. Questo atteggiamento è successivo allo stereotipo ed è un insieme di atteggiamenti che un gruppo di persone seguono perché parte di un'ideologia creatasi nel gruppo sociale di riferimento che può sfociare in atteggiamenti più gravi come la discriminazione. Ed eccoci tornati al punto di partenza.

Spesso e volentieri, si tende a non voler cambiare il proprio pregiudizio e stereotipo a cui ci ancoriamo come se avessimo paura di scivolare dalla boa e, imparare a nuotare. Si crea quindi questo meccanismo o per timore o per sentita predominanza nei confronti di altri.

Se andiamo a vedere nel passato, in America, nell'atteggiamento dei bianchi nei confronti dei neri, vediamo come lo stereotipo vedeva l'etnia bianca come la predominante nei confronti delle altre, il che portava ad una discriminazione razziale nei confronti dei neri che si ripercuoteva nella vita sociale. Il pregiudizio, quindi la chiusura mentale nei confronti degli altri, porta inevitabilmente ad un atteggiamento di discriminazione che non ha nessuna valenza positiva. Perché, ricordiamo, lo stereotipo può essere neutrale, positivo o negativo, il pregiudizio tende alla negatività in quanto superficiale, la discriminazione è negativa!

Ricapitolando, il processo alla fine è semplice (fin troppo): stereotipo, pregiudizio e discriminazione.

E gli omosessuali? Quali sono gli stereotipi, i pregiudizi e poi le discriminazioni che subiscono? Secondo il testo di Luca Pietrantoni, L'offesa peggiore, esistono quattro tipologie di stereotipi possibili: relativi alla non conformità al ruolo di genere; relativi al ruolo sociale; relativi alle relazioni e al comportamento omosessuale; relativi alle cause dell'omosessualità.

Gli stereotipi possibili sono molti: tratti della personalità considerati come trasgressivi, devianti e disturbate; atteggiamenti non conformi dove gli uomini sono troppo effeminati, non virili, si profumano (paradossale ma è elencato!), amano la cucina, casomai sono parrucchieri e le donne troppo mascoline con i capelli corti, senza trucco e giocano a calcio. Per quanto riguarda le cause, anche qui si vive di stereotipi e si va ad intaccare la sfera genitoriale oppure, come spesso purtroppo è successo e succede ancora, legare il mondo omosessuale maschie alla pedofilia o alla molestia dei bambini.

Il concetto di pregiudizio e stereotipo vanno quindi a stabilirsi all'interno di meccanismi che potremmo definire anche di autodifesa da quello che viene considerato nuovo, diverso e quindi non sempre positivo.

Certo è che esistono gli stereotipi! Ci fanno anche divertire talvolta, quando si riconoscono come tali. Ma non è sempre così. Spesso e volentieri gli stereotipi diventano veri e propri meccanismi di pensiero delle persone e per gli stereotipi omosessuali è esattamente la stessa cosa (non credo infatti di scrivere qualcosa di nuovo in proposito). Sinceramente credo che gli stereotipi di questo tipo, quelli rivolti a etnie, razze, religioni, spesso ci allontanino da molte cose che potremmo scoprire e ci rendano ignoranti. Ci rendono parte di una massa che tende a non guardare. Allora come fare? Non si può cambiare tutto il mondo, ma si può educare, renderlo meno ignorante, più presente, più partecipe, più consapevole.

Sempre secondo il testo citato prima, secondo uno psicologo di nome Cook, a seguito di esperimenti, si afferma che "una riduzione del pregiudizio verso un gruppo sociale discriminato si realizza in seguito al contatto personale solo quando i membri dei due gruppi hanno eguale status, quando i membri del gruppo discriminato presentano caratteristiche che contraddicono lo stereotipo loro attribuito, quando la situazione di contatto incoraggia la cooperazione per realizzare un obiettivo comune, quando la situazione di cooperazione permette agli individui di vedere i membri dell'altro gruppo in quanto persone piuttosto come rappresentanti di un gruppo stereotipato, infine (e non ultimo) quando le norme intere ed esterne alla situazione di contatto favoriscono la parità fra i gruppi". Solo in seguito ad un contatto, nelle situazioni sopra descritte, saranno valutati in modo più favorevole i membri del gruppo discriminato.

Spesso e volentieri le persone con alto pregiudizio vanno proprio ad evitare il contatto e i gruppi sociali discriminati che tendono a loro volta a collaborare o cooperare solamente con altri gruppi sociali discriminati. Un cane che si morde la coda.

Come ridurre quindi la discriminazione, in questo caso l'omofobia? Due psicologi statunitensi Sear e Williams nel 1997 hanno verificato che il "contatto" con persone influenza le percezione sociale di questo gruppo. In virtù del fatto che la popolazione omosessuale è, ed è mantenuta invisibile, la semplice conoscenza di persone omosessuali è una variabile che gioca un ruolo assai importante nella modifica dell'atteggiamento personale.

Quali strategie ed atteggiamenti per incidere maggiormente sulle opinioni personali per cercare di comunicare e creare un dibattito o aprire uno spiraglio? Nel prossimo articolo approfondiremo questo tema.


Nel frattempo vi lascio con una riflessione particolare: scrivendo mi è venuto alla mente un testo che ultimamente ho riportato fuori: il Piccolo Principe e la Volpe.

"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..."

La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:

"Per favore... addomesticami", disse.

"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, pero'. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".

"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"

"Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe.

"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..."



Paola Rosi

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